Editoriale: SmartWorld sul Google I/O 2016

Nicola Ligas
Nicola Ligas Tech Master
Editoriale: SmartWorld sul Google I/O 2016

Dopo aver riassunto in un unico articolo tutte le principali novità dell'edizione 2016 del Google I/O (che vi raccomandiamo di leggere prima di questo editoriale), come ormai nostra consuetudine abbiamo voluto riassumere in un editoriale di gruppo quelli che sono stati gli aspetti che più hanno colpito ciascuno di noi. I pezzi sottostanti riflettono pertanto il pensiero e la sensibilità di ogni singolo autore, e sono stati scritti in modo indipendente l'uno dall'altro. Sentitevi ovviamente liberi di condividere nei commenti quelle che per voi sono state le novità principali e che maggiormente vi hanno interessato.

Effimero e concreto

Questo Google I/O ha lasciato probabilmente meno il segno rispetto agli anni passati. Si è trattato di un evento più "leggero" e meno incisivo, forse in buona parte anche per l'assenza del vero protagonista di questi eventi: la presentazione della nuova versione di Android, già rilasciata in forma primordiale tempo prima agli sviluppatori (e non solo).

Ma nonostante sia convinto (come penso molti altri) che questo Google I/O non abbia saputo stupire, sono comunque positivamente ottimista, avendo visto Google concentrarsi su un minor numero di novità e (speriamo) in modo più concreto. Fra tutti troviamo Google Home (Google ha ringraziato pubblicamente Amazon per aver realizzato un'idea da soffiargli), il lancio delle app Android su Chrome OS e sopratutto Project Ara. La realtà è che Ara non è stato sicuramente al centro Google I/O ma (forse per questo) ha comunque attirato su di sé molta attenzione, mostrandosi per la prima volta nella forma che probabilmente avrà nel suo lancio a fine anno in versione "beta". E ammettiamolo: noi geek daremmo un rene per avere subito la giacca smart, un Google Home o un Chromebook con le App Android.

Emanuele Cisotti

Project ARA is back!

Ho sempre pensato, sin da quando l'ho visto in azione la prima volta, che Project ARA potesse costituire il futuro della telefonia mobile.

Un po' a sorpresa questo fine settimana Project ARA è rispuntato fuori in grande stile, sia grazie a un filmato di circa un minuto, di quelli realizzati in modo da farti salire il giusto grado di scimmia, sia grazie ai primi hands-on dei giornalisti che hanno potuto provarlo con mano. Le carte in tavola sono però leggermente cambiate: buona parte dell'hardware è già integrato nella base del dispositivo, caratteristica che ha fatto storcere la bocca a chi pensava di acquistare un dispositivo da tenere costantemente aggiornato a livello hardware.

Nonostante tutto, continuo a considerare Project ARA un gran passo in avanti. Prima di tutto non è da escludersi il lancio di eventuali moduli hardware atti ad aumentare memoria, RAM o potenza di calcolo. Anche se poi non fossero disponibili in un primo momento, adattare il proprio smartphone ad ogni evenienza inserendo il modulo appropriato mi pare un gran passo in avanti.

Orde di utenti continuano a lamentarsi di una mancanza piuttosto che di un'altra sui propri smartphone: uno smartphone modulare può sopperire a tali assenze grazie ad un semplice gesto. Le potenzialità sono infinite, e con il giusto stimolo potrebbero arrivare sul mercato centinaia di moduli in grado di soddisfare esigenze di ogni genere di utente. Quindi sì, considero ancora Project ARA come una delle possibili, e vincenti, evoluzioni della telefonia mobile. Resta da capire perché Google non gli abbia dato risalto durante la presentazione!

Lorenzo Delli

Realtà virtuale VS realtà virtuale

Google ha presentato Daydream, la sua piattaforma di realtà virtuale, che continua il paradigma iniziato con Cardboard (visore + smartphone all'interno), ma compie un salto di livello sia in termini software, essendo integrato in Android N, che hardware, con un visore dedicato. Si tratta di una strategia opposta a quella avviata da Oculus ed HTC, con visori standalone, ma entrambe hanno un loro perché, che farà contenti i rispettivi partner.

Entrambe le soluzioni sono la scusa perfetta per realizzare hardware sempre più potente, sia lato smartphone che lato PC. Non ci stupiremmo infatti se in futuro gli schermi dei principali top di gamma Android passassero al 4K (dispendio energetico permettendo), così come siamo convinti che NVIDIA abbia gioito dell'avvento dei visori di Oculus ed HTC.

Le diversità sono però notevoli: da un lato abbiamo un visore standalone, che però tanto standalone non è, nel senso che richiede un PC di fascia alta per funzionare, ed il prezzo complessivo dei due dispositivi si porta facilmente nell'ordine delle migliaia di euro. Dall'altro abbiamo un visore relativamente semplice (anche se quello di Daydream è comunque più complesso del semplicissimo Cardboard), con uno smartphone da piazzare al suo interno. È chiaro che il prezzo di quest'ultimo non sia irrisorio, ma è un prezzo che la gente pagherà per mille altri motivi; mentre il costo del visore Daydream non me lo immagino proibitivo.

Pensate infatti ai milioni di top di gamma Android di oggigiorno, e immaginateveli tutti come dei visori VR. E ora pensate a quanta gente avrà mai comprato un Oculus Rift. Credete che i due numeri siano anche solo lontanamente paragonabili? Si potrebbe ribattere che nemmeno la qualità lo è, ma in fondo quella di Daydream dobbiamo ancora verificarla, nel bene e nel male, ed oltretutto è anche facilmente "aggiornabile", mentre quella di HTC e Oculus è più statica.

Insomma, non sarà mica che questa volta Google abbia fatto davvero la mossa giusta?

Nicola Ligas

Ok, Google… benvenuto in casa!

Inutile negarlo l'introduzione sul piano reale di una tecnologia come quella di Google Assistant, la versione potenziata di Google Now che si adatta al singolo utente, ci lascia sempre con un po' di sentimenti contrastanti.

Da un lato l'indubbia comodità e innovazione portati da un assistente sintetico ma finalmente sufficientemente flessibile da sembrare un interlocutore (quasi) umano, dall'altro il fatto che comunque stiamo esponendo ancor di più le nostre vite a server ed algoritmi dei big della tecnologia.

Il tutto diventa ancora più vero se si considera Google Home, il piccolo speaker debuttato al Google I/O 2016 decisamente ispirato all'universo Echo di Amazon, che collega la nostra casa ma soprattutto la nostra vita, con Google Assistant. Il piccolo speaker permette infatti non solo di interagire con i dispositivi connessi, primo fra tutti Chromecast, con comandi vocali piuttosto naturali.

Google Home e il servizio che c'è dietro promette di affiancarsi nella quotidianità come un vero e proprio tuttofare, che vi permetterà, ad esempio, di prenotare cene e viaggi e che vi solleverà dal ricordare ricorderà che oggi è il compleanno di qualcuno a cui tenete. Niente che non si sia già visto, ma quello che cambia è il fatto che Google vuole spostare il tutto dallo schermo dello smartphone, alle mura di casa.

Lo spettro di una tecnologia forse troppo invadente si fa sempre più concreto, ma diciamoci la verità chi, specialmente tra gli utenti Android e gli appassionati dell'universo Google, saprà resistere (nella speranza che arrivi anche in Italia) ad un assistente tanto versatile?

Cosimo Alfredo Pina

L'ennesima app di messaggistica è il futuro di Google

Al termine del Google I/O ho letto molti pareri negativi in rete: in molti, anche esperti del settore, lamentavano un keynote noioso e senza novità di rilievo. Mi viene il dubbio che non ci abbiano capito nulla.

Anche se la nuova build che avete flashato sui vostri Nexus non porterà nuovi balocchi con cui giocare immediatamente, Google ha gettato le basi per il futuro della tecnologia. Bot e realtà virtuale sono i settori che vedremo esplodere nei prossimi anni e BigG ha dato un assaggio di quel che è in grado di fare.

Se Google Now e il Knowledge Graph rappresentavano già quanto di più vicino ai film di fantascienza avessimo mai visto, Google Assistant sarà la ciliegina sulla torta. Aspettatevi quindi di chiacchierare vocalmente o su Allo con il vostro assistente personale entro un paio di anni, e aspettatevi anche un ritorno in auge della letteratura distopica.

E non c’è mondo di fantascienza che si rispetti senza la realtà virtuale: è evidente che tra qualche anno nei videogiochi gli zombie ci attaccheranno da ogni lato e guardando un film su Netflix ci sentiremo al cinema. E chi si aspettava un apposito dispositivo, piuttosto che un ecosistema, dovrebbe comprendere che ad oggi non è l’hardware che manca, ma gli sviluppatori. Quindi ben venga Daydream, che sarà la prima, vero piattaforma per la realtà virtuale ad entrare nelle case di tutti.

Google ha dimostrato che tutto quel che neanche una decade fa credevamo fosse fantascienza sarà il futuro, ma qualcuno era troppo impegnato a guardare il dito per accorgersi della luna.

Giuseppe Tripodi

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