La fusione nucleare sta entrando in una nuova fase: la produzione di energia è possibile
È un lungo viaggio quello della fusione nucleare: dopo i primi esperimenti degli anni '30 e uno slancio nella ricerca nell'ultimo decennio, la tecnologia che promette finalmente energia pulita allo stesso modo del nostro Sole sta finalmente entrando in una nuova era (sapete come ricaricare un'auto elettrica gratuitamente alle colonnine?).
All'avanguardia nella ricerca c'è il National Ignition Facility (NIF) degli Stati Uniti, che dopo aver stabilito a dicembre 2022 un record mondiale producendo una reazione di fusione che rilasciava più energia di quella che consumava, un fenomeno noto come "ignizione", è ora in grado di riprodurlo costantemente, il che permette di guardare con più ottimismo al futuro (leggi anche: le differenze tra wallbox e stazioni di ricarica).
Ma partiamo dall'inizio. A differenza della fissione nucleare, il meccanismo attualmente in uso nelle centrali atomiche, la fusione nucleare sfrutta lo stesso meccanismo delle stelle per produrre energia, ovvero crea una reazione in cui i nuclei di due o più atomi si uniscono tra loro formando il nucleo di un nuovo elemento chimico.
Se gli elementi hanno un numero atomico basso (fino a 26 e 28), la reazione è esotermica, ovvero emette energia. Tanta energia, e infatti lo stesso tipo di reazione è stata utilizzata per la creazione della bomba H.
Ma usarla per produrre energia per caricare i nostri telefoni è un'altra storia. Perché funzioni, i nuclei degli atomi devono essere sufficientemente vicini, il che implica vincere la fortissima repulsione eletromagnetica.
Quindi bisogna fornire un'elevatissima quantità di energia per far partire il sistema, e quando questo produce più energia di quella immessa significa che è in grado di auto sostenersi, e il processo è chiamato ignizione.
Il NIF funziona sparando 192 raggi laser contro un pellet congelato di isotopi dell'idrogeno, deuterio e trizio, ospitato in una capsula di diamante a sua volta sospesa all'interno di un cilindro d'oro. L'implosione risultante fa sì che gli isotopi si fondano, creando elio e abbondanti quantità di energia.
Il 5 dicembre 2022, quelle reazioni di fusione per la prima volta hanno generato più energia - circa il 54% in più - rispetto a quella utilizzata per generare i raggi laser.
Ora al NIF sono riusciti a ripetere questo risultato in quattro dei sei tentativi effettuati nell'ultimo anno. Il 30 luglio l'esperimento ha utilizzato la stessa quantità di energia - 2,05 megajoule - di dicembre, ma questa volta l'implosione ha generato 3,88 megajoule di energia di fusione, un aumento dell'89% rispetto all'energia in ingresso.
Gli scienziati del laboratorio hanno raggiunto l'ignizione durante altri due tentativi lo scorso ottobre, e i calcoli suggeriscono che altri due a giugno e settembre hanno generato un po' più energia di quella introdotta, ma non abbastanza per confermare l'ignizione.
Questo significa che gli scienziati al NIF sono ora in grado di replicare la fusione in molteplici esperimenti, e sull'onda dell'entusiasmo l'amministrazione Biden ha convogliato nuovi fondi per costruire nuovi centri di ricerca di questo tipo.
Ma da qui a produrre un impianto per la generazione di energia per la rete elettrica il passo è notevole.
Il laser attualmente ospitato al NIF, sebbene sia il più grande al mondo, non è adatto per il compito. Il problema maggiore è l'efficienza, in quanto più del 99% dell'energia che entra in un singolo tentativo di accensione viene persa prima che possa raggiungere l'obiettivo.
Ecco perché i nuovi investimenti. Il dipartimento americano per l'energia (DOE) ha annunciato 42 milioni di dollari in quattro anni per istituire tre nuovi centri di ricerca, uno dei quali riguarda la creazione di un nuovo tipo di dispositivo. Se finora la maggior parte delle strutture per la fusione sono stati i cosiddetti tokamak, che utilizzano campi magnetici all'interno di un "toro" a forma di ciambella per limitare le reazioni di fusione (dal latino torus, che significa proprio cuscino a forma di ciambella), alla Colorado State University si sta lavorando a un concetto diverso, chiamato fusione laser.
Chi ci lavora è convinto che sia il momento giusto, e tutto grazie proprio ai successi del NIF, che da salto nel vuoto in cui pochi credevano è diventato la base per il programma nucleare statunitense. "Ora sappiamo che funzionerà", dice Carmen Menoni, che dirige l'hub della Colorado State University, "Quello che richiederà tempo è sviluppare la tecnologia a un livello in cui possiamo costruire una centrale elettrica".