Installare manualmente le app su Android è ora un po' più difficile: ecco cos'è cambiato

Alessandro Nodari
Alessandro Nodari
Installare manualmente le app su Android è ora un po' più difficile: ecco cos'è cambiato

Quello che per gli utenti Android, a differenza dei loro amici con iPhone, è sempre stata una normalità, è diventato improvvisamente un po' più complicato. 

Stiamo parlando della procedura per installare le app manualmente, ovvero effettuare il sideload dei file APK: scopriamo perché e cosa bisogna fare. 

Cos'è cambiato per il sideload delle app

Chiariamolo subito: Google non sta rendendo più difficile il sideload delle app per gli utenti per "chiudere" Android. La procedura è sempre possibile, semplicemente la GrandeG ha applicato una funzione annunciata nel 2018 e che molti pensavano fosse ormai stata dimenticata. 

Stiamo parlando dell'Android App Bundle (AAB), annunciato all'I/O 2018 e diventato il formato predefinito per le nuove applicazioni nel 2021.

Cosa significa? L'obbiettivo di Google è negli ultimi anni quello di rendere le app sempre più piccole, ma quando si costruisce un'app bisogna includere i file per diverse dimensioni dello schermo, lingue, architetture CPU e versioni di Android.

La GrandeG è conscia di questo problema, e sa che si potrebbero finire di creare centinaia di versioni diverse. Per questo molti sviluppatori non lo fanno e mettono tutto in un file singolo, definito dalla stessa Google "fat APK".

Questo comporta che se si scarica un file APK si scaricano anche diversi contenuti che non si utilizzeranno mai, e infatti Google Play riconosce le caratteristiche del vostro dispositivo e non scarica i pacchetti completi, ma solo le porzioni di cui avete bisogno.

Questo avviene grazie all'AAB, che contiene solo le risorse necessarie al funzionamento di un'app. Finora però Google Play consentiva la creazione di pacchetti APK completi (i fat APK), che consentivano di condividere gli aggiornamenti con altri utenti, caricandoli per esempio su piattaforme di terze parti come APKMirror. 

Adesso però non è più così, e ad annunciare la novità è stato lo stesso fondatore di APKMirror e Android Police, Artem Russakovskii.

Come ha affermato ieri Russakovskii, "Google ha smesso di generare fat APK per molte app all'improvviso, e d'ora in poi saranno disponibili solo i bundle".

Cosa bisogna fare ora

Quindi cosa cambia per gli utenti finali? Per chi installa le app da Google Play, niente, mentre chi installa le app manualmente potrebbe non trovare un file APK per la sua app preferita e in caso veda un'app in formato .apkm potrebbe dover compiere un passaggio in più. 

Questo richiede l'installazione di un'app che gestisca i pacchetti, come APKMirror Installer o Split APKs Installer. In alternativa, bisogna passare ai comandi ADB, per effettuare il sideload da riga di comando (ecco come installare ADB su Mac o Windows).

Ribadiamo: su APKMirror potreste trovare ancora file APK normali, ma in caso vediate un file .apkm dovrete utilizzare uno strumento in più e non basterà più toccare il file scaricato per installarlo.

Come spiega Google, infatti, "le installazioni parziali di app non installate utilizzando il Google Play Store e mancano di uno o più APK divisi richiesti, falliscono su tutti i dispositivi e i dispositivi certificati Google che eseguono Android 10 (livello API 29) o superiore".

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