Google vuole rivoluzionare la ricerca su internet, uccidendo internet

Google vuole rivoluzionare la ricerca su internet, uccidendo internet
Nicola Ligas
Nicola Ligas

Google si prepara a reinventare la ricerca come l'abbiamo conosciuta finora, seguendo il filone delle IA generative (e di Bing Chat) che negli ultimi mesi stanno impazzando per il web, con lo scopo di rispondere a quella mission che l'azienda si era in fondo data fin dall'inizio: raccogliere e organizzare la conoscenza del mondo e metterla a disposizione di chiunque. Tutto bello in teoria, ma nello scenario immaginato da Google c'è anche del brutto. E volendo anche qualcosa di cattivo. Attenzione poi a non confondere la ricerca con Google Bard, che è un'altra cosa.

Il buono

Cercare sul web può essere frustrante alle volte, soprattutto per le ricerche più complesse, quelle che non prevedano una semplice risposta numerica o letteraria, a causa del contesto molto ampio. Nella sua presentazione Google ha fatto alcuni esempi specifici per meglio farci comprendere la potenza della nuova ricerca potenziata dalla IA.

Supponiamo di voler sapere se "per una famiglia con bambini di meno di tre anni e un cane è meglio il Bryce Canyon o l'Arches National Park?".

Si tratta in effetti di una domanda semplice come formulazione, ma elaborata come concetto, perché pretende che il motore di ricerca "capisca" che la scelta tra i due parchi è condizionata dalla specifica composizione della famiglia; e questo è esattamente ciò che farà il nuovo Google, che non solo risponderà a tono, ma darà poi la possibilità di proseguire la conversazione in base al contesto precedente, una cosa che Google Assistant rincorre da anni.

Come vedete dall'immagine qui sopra, il tutto avrà la forma di una grande scheda subito sotto la maschera di ricerca; più in basso ci saranno invece i normali risultati organici, con i vari siti che secondo Google forniscono una migliore risposta alla query. Premendo però su uno dei pulsanti con le domande si aprirà una nuova modalità di conversazione, in cui potrete chiedere ulteriori informazioni, uscendo di fatto dalla ricerca canonica, come del resto succede anche su Bing Chat.

Un altro esempio che è stato fatto riguarda gli acquisti. Cercando informazioni su un dato prodotto l'utente avrà una panoramica di fattori importanti da prendere in considerazione nella scelta, e di conseguenti prodotti che le soddisfano. In pratica Google farà le veci del commesso di un negozio, con descrizioni che includono recensioni "pertinenti e aggiornate", prezzi e immagini. Del resto già adesso Google propone numerose schede prodotto ogni volta che effettuate una ricerca su un dispositivo commerciale: in futuro saranno presentate in modo ancora più ampio e completo, tanto che in molti casi ci immaginiamo che da lì all'acquisto il passo sarà un semplice clic.

Dal punto di vista dell'utente è un passo in avanti epocale, rivoluzionario, che cambierà per sempre il modo di utilizzare internet per ricevere informazioni, per fare acquisti, per prendere decisioni. Raccogliere e semplificare le informazioni è un processo che semplifica e velocizza le attività degli utenti, e in certi casi può davvero fare la differenza.

Stravolgere però così tanto un processo virtuoso come quello che finora ha in fondo legato editori e motori di ricerca può anche essere pericoloso.

Il brutto

C'è infatti un problema di fondo in questo nuovo approccio, che probabilmente non sarà sentito dalla maggior parte degli utenti, ma che rischia di penalizzarli comunque, sul lungo periodo. Se la ricerca potenziata dalla IA ti farà trovare la proverbiale "pappa scodellata", raccogliendo e sintetizzando informazioni raccolte da multiple fonti sul web, che fine faranno i contenuti di quelle stesse fonti?

Già adesso molte ricerche, quantomeno quelle più semplici, forniscono subito una risposta alle domande degli utenti, direttamente dalla pagina di Google, senza portare quindi alcun visitatore sui siti web dai quali la risposta è stata estrapolata (zero click search). Con l'avvento del "nuovo Google" è facile immaginare che questo fenomeno cresca esponenzialmente, perché di fatto è il motore di ricerca stesso che vuole darti subito la risposta, senza che l'utente debba approfondire altrove l'argomento.

Nei comunicati di Google c'è solo un minimo accenno a tutto ciò: "a mano a mano che integriamo l'IA generativa nella Ricerca, siamo impegnati a continuare a mandare traffico di valore ai siti web"; come questo traffico "di valore" verrebbe veicolato non ci è dato saperlo, perché di fatto un sistema del genere sembra incoraggiare ad approfondire solo attraverso il motore di ricerca stesso. E già il fatto che ci sia bisogno di specificare che sarà mandato solo il traffico "di valore" non lascia ben sperare. Chi può essere l'arbitro in tutto ciò, se non Google stesso? E chi ci assicura che sia imparziale?

Qual è in tutto ciò il problema per l'utente finale? Che internet è fatto da contenuti diversi, plurali, eterogenei, alcuni realizzati anche "pro bono", ma dietro la maggior parte di essi c'è comunque un investimento che deve avere un ritorno economico, altrimenti non ci possono essere nuovi contenuti. Molti siti si sostengono con la pubblicità, Google in primis, ma affinché essa sia efficace il sito deve generare traffico, e se questo "se lo mangia" tutto il motore di ricerca è un problema.

Il termine "intelligenza artificiale" è fuorviante perché ci fa pensare a un'entità senziente, ma non è questo il caso. La ricerca potenziata dalla IA raccoglie informazioni dal web, le sintetizza, e le ripropone in un linguaggio intelligibile per l'utente finale, ma affinché questo meccanismo funzioni bisogna che tutti ci guadagnino qualcosa: se non c'è guadagno, non ci sono nuovi contenuti, e da un impoverimento del web hanno tutti da perdere, anche Google.

Proprio quest'ultimo fattore potrebbe far pensare che in fondo una soluzione ci sarà, ma i precedenti non è che siano proprio incoraggianti. Qualche giorno fa c'era un bell'articolo su The Verge che affrontava "il fiasco" di AMP, e di come le accelerated mobile pages abbiano in ultima battuta minato la fiducia degli editori avevano nel gigante della ricerca, costringendoli di fatto a giocare solo secondo le sue regole; e la storia ha purtroppo questo brutto vizio di ripetersi.

Oltre tutto poi c'è un ulteriore problema, che coinvolge davvero tutti: chi assicura la bontà e l'imparzialità dei risultati presentati dalla ricerca con IA? Un problema comune ovviamente, che si basa sia sulla qualità del chatbot in sé che su quella dei dati raccolti (quindi una doppia complicazione), e che non ha una soluzione semplice, tanto più quanto più ci abitueremo a non apprfondire le ricerche, fidandoci solo della "pappa scodellata".

Consultare più fonti è senz'altro un processo più lungo e faticoso, ma al contempo serve proprio a evidenziare eventuali discrepanze da approfondire.

E in tutto ciò non abbiamo nemmeno parlato di "diritto d'autore", un fattore che ha già chiamato in causa alcune IA generative e la scarsa trasparenza delle aziende che ci sono alle spalle, che casualmente non svelano mai quali sono i dati sui quali sono stati addestrati i loro algoritmi, probabilmente (insinuano le "malelingue") perché ci sarebbero grandi problemi di copywriting.

Il cattivo

In tutto ciò c'è un aspetto del quale Google non si è certo dimenticato, dedicandogli non un trafiletto misero come quello citato sopra in merito al "traffico di valore", ma un intero articolo: la pubblicità. Sì perché in fondo questa nuova ricerca, così diretta, così interattiva, sembra cannibalizzare non solo il resto del web, ma anche la pubblicità, un elemento del quale Google "vive" più di tutti.

Non temete, la pubblicità non scomparirà nella ricerca potenziata dalla IA, anzi rischia quasi di diventare "più subdola".

Guardate bene l'animazione che c'è qui sopra nella prima sezione, quella con le biciclette: vi siete accorti che ci sono dei contenuti a pagamento? "Testeremo e svilupperemo l'esperienza pubblicitaria in base a ciò che apprenderemo", dice Google, e di questo non dubitiamo affatto. Gli annunci avranno sempre l'etichetta "Sponsorizzato" in grassetto nero, come del resto succede già adesso.

La pubblicità non piace a nessuno, eppure è lo strumento grazie al possiamo usare ogni giorno decine e decine di servizi gratuitamente. La sua sopravvivenza è quindi importante non solo per Google, ma per il web intero, che si fonda in buona parte proprio sulla pubblicità. Ecco, ci piacerebbe che la stessa attenzione alla "sopravvivenza" fosse dedicata a tutti quanti, in maniera equa, senza che nessuno si arroghi in diritto di decidere chi è più di valore degli altri.

E siamo convinti che andrà così. (Forse.)

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