Tra italiani e SPID è sempre più sintonia, ora la sfida è l'integrazione dei sistemi a livello europeo

In un anno ne sono entrati in possesso due italiani su tre, ma le aziende sono indietro
Alessandro Nodari
Alessandro Nodari
Tra italiani e SPID è sempre più sintonia, ora la sfida è l'integrazione dei sistemi a livello europeo

Iniziato con un tasso di adozione piuttosto basso, negli ultimi due anni lo SPID, il Servizio Pubblico di Identità Digitale che ci consente di accedere ai servizi pubblici (qui trovate come farlo, anche per i minorenni), ha visto una crescita esponenziale, con un'accelerazione di ben il 30% in un solo anno. LEGGI ANCHE: Processo Penale Telematico: guida al deposito degli atti.

Ma se ora l'identità digitale è in possesso di due italiani su tre (per quanto riguarda la popolazione maggiorenne), ci sono forti diseguaglianze sia in termini di età che di area geografica, il che potrebbe rallentare le prossime sfide, ovvero l'integrazione dei sistemi e un wallet europeo.

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SPID in Italia: crescita, ma attenzione alle aziende

L'Osservatorio Digital identity della School of management del Politecnico di Milano ha pubblicato una ricerca sull'utilizzo dello SPID in Italia, rilevando come, grazie alla crescita del 30% in un anno, a fine settembre 2022 gli italiani in possesso dell'identità digitale erano 32,2 milioni, il 63% della popolazione maggiorenne (54% totale).

Il rapporto però evidenzia anche una forte disomogeneità, sia a livello geografico che per fasce d'età. Se infatti per la fascia tra i 18 e i 24 anni l'adozione è addirittura del 100%, i più anziani faticano ad entrarne in possesso. Oltre i 75 anni, infatti, meno di uno su quattro è dotato di identità digitale. Non va meglio sul fronte regionale, dove Lazio (74%) e Lombardia (70%) guidano le regioni più virtuose, mentre Calabria (54%), Marche (53%) e Molise (52%) sono agli ultimi posti. 

Questi dati, insieme alla diffusione della carta d'identità elettronica (31,3 milioni di italiani, +29% in un anno), possono farci guardare con ottimismo al futuro, anche grazie al raggiungimento (con due anni d'anticipo) degli obiettivi del Pnrr per il 2024 riguardanti l'identità digitale. Ma le sfide che ci attendono sono ben più impegnative, sia sul fronte nazionale che europeo.

Sul fronte interno infatti possiamo notare come l'utilizzo dello SPID sia stato motivato sempre meno da obblighi normativi, come l'accesso al cash back o per il green pass, e sempre più dalla comodità di accesso ai servizi chiave per il cittadino.

Questo ha portato a una media di 25 accessi l'anno (contro i 22 del 2021 e i 9 del 2020), anche grazie agli sviluppi sul piano normativo, ma sul fronte aziendale siamo ancora indietro.

Se infatti la maggioranza (80%) delle grandi aziende utilizza una procedura di riconoscimento digitale, sempre più implementata dall'autenticazione a due fattori, manca tutt'ora un'adeguata struttura interna che presidi la gestione dell'identità digitale. In sostanza, le aziende hanno sviluppato sistemi proprietari e non interoperabili, e poche hanno abbracciato o stanno valutando la possibilità di un wallet, che consenta di valorizzare il profilo dell'utente anche per altri servizi, come SPID o Carta d'identità elettronica (CIE). Al momento infatti su un parco di 175.000 possibili interessati, solo 141 aziende hanno aderito a SPID e 14 alla Cie. 

E proprio il wallet rappresenta un punto chiave, per l'integrazione di sistemi interoperabili non solo a livello nazionale, ma anche europeo.

SPID in Europa, sta arrivando un Digital identity wallet transnazionale

Già, l'Europa, perché se SPID è una parola italiana, fa parte del più ampio processo di digitalizzazione dell'identità in UE chiamato eIDAS, acronimo di electronic IDentification, Authentication and trust Services.

Nel nostro continente, la situazione è piuttosto disomogenea, e l'Osservatorio rileva come i dati italiani (54%) siano in linea con quelli di Francia con FranceConnect (59%) e Belgio con itsme (56%).

Altrove, si passa dall'impressionante 95% dell'Olanda con DigiD, seguita dal 79% della Norvegia e dal 78% della Svezia con BankID, per arrivare al 9% della Repubblica Ceca con MojeID.

Perché tutto questo è importante? Perché sta per arrivare una vera e propria rivoluzione, un wallet che consenta di integrare credenziali, certificazioni, pass e altri attributi in un unico strumento nelle mani degli utenti. L'idea è un'identità digitale transnazionale, a cui possano accedere non solo i governi ma anche le big tech, che si propongono quindi come partner tecnologici degli enti istituzionali.

Ecco quindi che nel giugno dello scorso anno l'Europa ha rivisto il regolamento eIDAS per la creazione di un European digital identity (Eudi) wallet, delineando l'introduzione di un nuovo ruolo, quello di wallet provider per sistemi utilizzabili sia nel pubblico che nel privato.

Al momento siamo ancora in fase di sperimentazione e a febbraio è stato istituito un bando di 37 milioni di euro per progetti pilota.

Di fronte a questa rivoluzione, l'Italia quindi deve quindi non solo rafforzare SPID e Cie, ma anche identificare una chiara strategia sull'identità digitale e lavorare con altri Paesi europei per riuscire a cogliere le opportunità del wallet.