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"Spider-Man: No Way Home" è il finale che ogni supereroe merita

Da grandi poteri...
"Spider-Man: No Way Home" è il finale che ogni supereroe merita
Nicola Ligas
Nicola Ligas

Spider-Man: No Way Home non è solo la chiusura di una trilogia, quella iniziata con Homecoming, ma è molto di più. È un film che solo l'Uomo Ragno poteva interpretare, perché nessuno come lui è così amato dal pubblico e nessuno come lui ha una storia cinematografica altrettanto lunga.

Se nel 2002 avessero detto a Willem Dafoe che 20 anni dopo sarebbe tornato a vestire i panni di Goblin, pensate che lui ci avrebbe creduto? Che nessuno ci avrebbe creduto? Eppure è successo, ed il risultato non è per niente forzato. Il multiverso è parte integrante della storia dell'Uomo Ragno, e la presenza dei villain che abbiamo conosciuto in tutti questi anni si incastra perfettamente con la trama costruita finora da Tom Holland e soci, anche perché è proprio l'ingenuità di Peter a portarli da lui; quella stessa ingenuità che tanto avevamo lodato in Homecoming, e che è ancora intatta nel terzo capitolo della serie.

Spider-Man: No Way Home è la conclusione di due decenni di storia cinematografica dell'Uomo Ragno, un film che ammicca pesantamente ai fan della serie, ma che non mancherà di entusiasmare anche chi avesse visto solo questo per la prima volta. Ci proverà ovviamente anche la DC con il prossimo The Flash, nel quale Michael Keaton tornerà ad impersonare Batman a 30 anni di distanza, ma il paragone è meglio terminarlo qui.

Poteva essere un banale fanservice, e invece...

Spider-Man: No Way Home era un film pericoloso. Pericoloso perché già è complicato gettare nella mischia tanti personaggi, ma ancora di più lo è quando questi appartengono ad un altro immaginario, quello creato nelle versioni cinematografiche dell'Uomo Ragno antecedenti a Tom Holland. Il rischio che tutto scadesse in un banale fanservice c'era, parliamoci chiaro, e invece così non è stato.

E non fraintendeci: è fanservice, ma di quello fatto bene, con una logica, con un suo perché e soprattutto senza snaturare nessun personaggio, ma anzi dando a ciascuno il suo giusto spazio e la sua giusta identità.

Ed anche l'ingresso in scena di Andrew Garfield e Tobey Maguire avviene al momento giusto: quando quasi iniziavi a pensare che non ci sarebbero stati. Spettinato il primo, invecchiato il secondo, ma è giusto così. Il tempo è passato anche per loro, e si capisce che le loro vite sono andate avanti. In modo forse più sereno, grazie al rapporto con MJ, quella di Spider-Tobey, in modo più complicato quella di Spider-Andrew, che dopo la perdita di Gwen non ha trovato un nuovo amore ed anzi si è incattivito nella lotta contro il crimine. 

E proprio il tema della cattiveria, contrapposto a quello (semplificando molto) della bontà, è ricorrente per tutto il film. Da un lato abbiamo infatti dei super cattivi, tra i quali spicca il Goblin di Willem Dafoe, che è così bravo da recitare quasi sempre senza maschera, risultando convincente sia nella parte del mite dottor Osborn che del crudele folletto verde; e dall'altro abbiamo dei super buoni, che si complicano da soli la vita pur di cercare di aiutare anche chi non lo meriterebbe. E qui non parliamo solo di Spider-Man, ma anche di sua zia May, che in questo film avrà un ruolo chiave nell'evoluzione del personaggio.

E sia chiaro che anche la bontà dello Spider-Man di Tom Holland non è illimitata e stereotipata, è piuttosto "fanciullesca", in un certo senso. Il Peter di Tom è un ragazzo di 17 anni che cerca di "avere tutto, mentre il mondo cerca di farlo scegliere", e questa sua indole avrà conseguenze pesanti sulla sua vita personale, conseguenze che non avrebbe pagato se fosse stato più menefreghista. Ma questa è l'etica di Spider-Man. È il punto di contatto vero tra Tom, Tobey ed Andrew: perché le loro storie sono sì diverse, com'è giusto che sia, ma di base l'Uomo Ragno resta sempre fedele a sé stesso, nel bene e nel male.

Ed il finale dal sapore anche amaro di questo Spider-Man: No Way Home è il perfetto emblema di un eroe sempre ligio alle grandi responsabilità che il suo potere comporta, anche a scapito di sé stesso. Una vittoria di Spider-Man non è necessariamente una vittoria di Peter Parker, anzi quest'ultimo è quello che paga il prezzo più pesante: perde sua zia (letteralmente), perde la sua amata ed il suo migliore amico (così come chiunque altro abbia mai conosciuto) perché nessuno si ricorda più di Peter Parker; perde di fatto tutto. Ma ogni fine può anche essere un nuovo inizio

E lo sarà. Tom Holland tornerà in una nuova trilogia a vestire i panni di Spider-Man, una trilogia che potrebbe essere una completa tabula rasa rispetto a tutto quello che abbiamo visto finora, con personaggi completamente nuovi (e quasi sicuramente con Venom). Per quanto perturbante possa esserlo, le premesse ci sono: cosa ci riserverà il futuro dell'Uomo Ragno lo scopriremo solo tra un paio d'anni, se il ritmo continuerà ad essere quello avuto fin qui.

Andate a vederlo

Se siete fan dell'Uomo Ragno (ma anche se non lo foste), ascoltate il nostro consiglio disinteressato: andate a vedere Spider-Man: No Way Home. Prima che gli inevitabili spoiler vi rovinino tutto, prima che si spenga l'hype (è bello goderne, ogni tanto), prima che esca Doctor Strange in the Multiverse of Madness, prima che vi convinciate che non ne valga la pena. Perché ne vale la pena. È un film di supereori "umani", che tocca corde che non tutti i film del genere vanno a pizzicare, e lo fa in modo magistrale per (quasi) tutta la durata del film.

Se lo aveste già visto e voleste commentarlo con noi vi aspettiamo nei commenti qua sotto e/o su YouTube, magari cercando di non rovinare nulla a chi ancora non sia andato al cinema.

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