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10 film da recuperare su Netflix

Nicola Ligas
Nicola Ligas Tech Master
10 film da recuperare su Netflix

Inutile negarlo: i servizi di streaming in questo periodo sono un toccasana per passare il tempo confinati in casa, e Netflix è senz'altro in prima linea nel cercare di intrattenerci in queste sempre più lunghe giornate primaverili. Abbiamo quindi selezionato 10 film da vedere assolutamente, almeno secondo noi, che potete trovare nell'ampio catalogo di Netflix. Opere molto diverse per genere, produzione ed età, che vi faranno ridere, sussultare e sognare. 10 capolavori (sempre secondo noi - ma non solo) del loro genere che non possono mancare nella videoteca di ogni cinefilo.

Sono i 10 migliori film di Netflix? Probabilmente no, anche perché sarebbe praticamente impossibile stilare una classifica del genere, anche solo per il fatto che il catalogo muta frequentemente. Sono semplicemente dei bei film, che se non aveste mai visto vi consigliamo di guardare in questi giorni. Alcuni di questi potrebbero piacervi di più, altri di meno, pertanto sentitevi liberi di usare lo spazio dei commenti proprio per raccontarci quali film avete visto in questo periodo e quali consigliereste agli altri: del resto di tempo da passare in casa ne abbiamo!

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è uno dei più bei libri per bambini di sempre, e non solo. La sua trasposizione cinematografica originale, quella del 1971 con Gene Wilder (che è poi diventato un meme), riesce a rimanere fedele all'oniricità del romanzo in un modo che al cinema di oggi non riesce più, teso com'è verso la spettacolarizzazione ed il realismo. La storia del piccolo Charlie Bucket invece va vissuta con sospensione dell'incredulità, tornando un po' bambini se si è adulti, e lasciando che i veri bambini si divertano anche senza effetti speciali: alla fine (speriamo!) vi ringrazieranno.

Le Iene è il più bel film di Quentin Tarantino. Molti di voi voleranno allo spazio dei commenti per smentirmi dopo aver letto questa frase, ma non intendo sviscerarla ulteriormente, perché del resto è solo un mio pensiero personale. Ciò che trovo più oggettivo invece è che le Iene sia una "capolavoro condensato". Angusto è infatti lo spazio nel quale si muovono i protagonisti, quasi teatrale, ed è questa la sua bellezza e la sua peculiarità: è un film d'azione ambientato in una stanza e poco più, il che può sembrare un paradosso, ma non lo è.

Tarantino ha messo insieme un gruppo di caratteristi pressoché perfetti, che danno vita ciascuno al proprio personaggio e rendono avvincente una storia girata con mezzi semplici, "poveri" per il cinema di oggi, ma non per questo meno efficace, ed in grado di fare scuola (e l'ha fatta eccome!).

Dovete vedere Il Discorso del Re in lingua originale. Senza nulla togliere all'ottimo doppiaggio, dovete apprezzare la performance di Colin Firth e Geoffrey Rush al naturale. Ed anzi, questo non è sempre e soltanto un complimento, perché la rigidità di Firth a volte viene fin troppo fuori, così come il gigioneggiare di Rush, così a suo agio infatti nei panni di Barbossa nella saga dei Pirati dei Caraibi. Ma non è quello il punto. The King's Speech è una piccola ma magistrale ricostruzione di un'epoca, tenuta in piedi da due personaggi che alla fine risultano così umani che è facile immedesimarsi nelle loro paure, nelle loro gioie, nelle loro sconfitte, e nelle loro vittorie.

Non è un film che vi aprirà gli occhi o vi svelerà qualcosa della vita che finora vi fosse sfuggito: è semplicemente un bel film con due bravi attori (e non solo loro); e scusate se è poco.

La storia di Frank Abagnale, un ormai ex truffatore (oggi a capo di un'omonima agenzia di frodi finanziarie) che ha il giovane ed innocente volto di Leonardo di Caprio. Ed in questo film di inizio millennio c'è un assaggio del cinema che verrà. C'è Steven Spielberg alla regia, che il tempo consacrerà sempre più come uno dei più grandi registi contemporanei, c'è Tom Hanks nel ruolo del nemico/amico di Frank, nonché uno degli attori più versatili e credibili che Holliwood abbia nel suo repertorio, e poi sì, c'è Leonardo di Caprio, che già qui dimostrava di essere un bravo attore e non solo un bel visino. Si ride, ci si emoziona, volendo si piange anche un po', in questa pellicola abbastanza lunga ma con ben pochi momenti riempitivi.

Un capolavoro del suo genere; genere così polivalente da avere ben pochi capolavori.

La teoria del tutto si inserisce in quel filone di film volti a celebrare la vita di altrettante personalità che magari erano già famose di suo, ma delle quali non tutti conoscono i retroscena; ciò che c'è dell'uomo, oltre la fama. Sto pensando a pellicole quali A Beautiful Mind o The Imitation Game, che hanno raccontato rispettivamente le gesta del premio Nobel per l'economia John Nash, e di Alan Turing, uno dei "fondatori" dell'informatica e "padre" dei computer che oggi tutti noi utilizziamo. Ed il protagonista del film in questione è probabilmente ancora più famoso: Stephen Hawking. Ciò che rende questa pellicola più meritevole forse delle altre due ha però un nome: Eddie Redmayne.

Senza assolutamente nulla togliere alle interpretazioni di Russel Crowe e Benedict Cumberbatch, Redmayne ha però fatto un passo ulteriore, mettendo tutto il suo corpo al servizio della pellicola, in un modo che si vede più facilmente al teatro che non al cinema.

Lo studio fatto per ricreare fedelmente il progressivo degenerare della malattia di Hawking, e per riprodurre dei gesti e delle espressioni che comunque erano un minimo familiari al grande pubblico, è superbo. Lo rifarà, qualche anno dopo, in The Danish Girl, altra interpretazione magistrale, che nulla ha a che vedere con la teoria del tutto, ma che lo consacrerà una volta di più come un grande caratterista.

Questo film mi ricorda la giovinezza (semplicemente perché lo ero quando uscì, non certo per i temi trattati). Del resto Tim Robbins e Morgan Freeman hanno entrambi parecchie rughe in meno di quelle odierne. Le ali della libertà è un film su giustizia ed ingiustizia, in egual misura, e non necessariamente in quest'ordine. Una storia di redenzione e di colpa, che vede il nascere di una profonda amicizia tra due persone che nella vita reale probabilmente non si sarebbero mai parlate, ma che tra le mura di un carcere scoprono di avere più affinità di quante il mondo esterno avrebbe loro concesso.

Il filone carcerario passa sempre per l'immancabile direttore corrotto, per le guardie vessatorie, per i detenuti crudeli, ma qui siamo di fronte ad una pellicola del 1994: se alcune situazioni vi sembrassero già viste, è più probabile che si siano ispirate a questo film, che non il contrario.

Non è facile fare un film di fantascienza che riesca comunque a mantenere una minima dose di credibilità. In molti non ci provano nemmeno, rendendo "fantascienza" un mero sinonimo di "fantasia". Non è il caso di Interstellar, che cerca comunque di affrontare tutta la (lunga)  trama con una certa coerenza, salvo poi la spiegazione finale (se così la si può chiamare). Sembrerà assurdo, ma è proprio il realismo che ho apprezzato in questo film. Il fatto che, per quanto di fantasia, i personaggi e le situazioni riescano a rimanere "umani" fin quasi alla fine. E poi è visivamente sontuoso, ma sempre senza eccessi, e con un Mattew McConaughey in uno dei momenti migliori della sua carriera, lo stesso che, pochi mesi prima, l'aveva visto protagonista della prima, indimenticabile stagione di True Detective, una serie antologica che (ma forse è solo un caso) fa proprio del realismo la sua parte migliore.

Non avviate Monty Python e il Sacro Graal se non sapete chi sono i Monty Python (o prima di aver letto questa breve sinossi), perché rischiereste di cambiare film nel giro di pochi minuti. Dovete invece mettervi comodi sul divano, munirvi di bibite e gustarvi ogni momento di questa pellicola (sì, inclusa anche la lunga sigla iniziale), pronti ad una bella dose di humor inglese, di quello vero, genuino, "al sangue". Siamo del resto di fronte ad una produzione a basso costo del 1975, e sia chiaro che è una virtù, non un handicap. Si ride quindi, tanto anche, a patto di non prendersi troppo sul serio.

Netflix ha inserito nel proprio catalogo i film d'animazione dello Studio Ghibli a partire da un paio di mesi fa, ed è proprio ora da inizio aprile che l'elenco è finalmente completo. Anche qui dovremmo aprire una lunga parentesi su Hayao Miyazaki, sul perché il suo tratto vi sembri così familiare, e su quali siano i leitmotiv della sua cinematografia.

Non lo faremo perché ci vorrebbe troppo tempo, ma lasceremo che sia Il Castello Errante di Howl a raccontarvi come mai Miyazaki sia uno degli animatori più influenti al mondo. Soltanto non chiamatelo "cartone animato" e non pensate che sia necessariamente un'opera da vedere con i vostri figli perché potrebbe non piacergli. La trama è complessa, i personaggi sono complessi, ed il confine tra bene e male non è sempre una linea netta, come spesso avviene nei contenuti per bambini. Probabilmente o lo amerete o non vi piacerà: la buona notizia, nel caso ricadiate nel primo caso, è che Netflix ha già pronti una valanga di altri contenuti simili per intrattenervi.

Un giovane Michael Douglas (la pellicola è datata 1993) ci ricorda che, nonostante i folli tempi che stiamo vivendo, la follia, quella vera, è una cosa con la quale non si scherza. Questo film mi colpì molto la prima volta che lo vidi, perché non è un semplice poliziesco o thriller, è prima di tutto un film sul disagio, su un uomo rimasto senza un perché al mondo, un uomo che sa di aver sbagliato, sa di sbagliare, e copre lo sbaglio precedente con quello successivo, in una spirale che non può fare altro che spingerlo verso il baratro, a meno che qualcuno o qualcosa non interrompa il circolo vizioso.

Se vi fosse mai capitato di provare vergogna, forse anche disgusto di voi stessi, non sarà difficile calarsi un minimo nei panni di Foster. Certo, la sua reazione è estrema, ma la ragione prima che ne è la causa è anche estremamente umana, e Michael Douglas riesce a portarla benissimo sullo schermo.

Aggiornamento

Abbiamo parlato della notizia anche nel nostro podcast, SmartWorld News

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