Frammentazione e aumento dei prezzi dello streaming avranno una sola conseguenza

Lorenzo Delli
Lorenzo Delli Tech Master
Frammentazione e aumento dei prezzi dello streaming avranno una sola conseguenza

Che lo streaming abbia ridotto la pirateria è un dato di fatto inconfutabile. E non solo a livello televisivo e cinematografico, ma anche musicale. Le cose però rischiano di cambiare drasticamente. C'è un meme pubblicato di recente su una pagina Facebook che riassume alla perfezione la situazione attuale del mercato dei servizi di streaming.

Il cenno al 2014 in realtà è errato, visto che in Italia Netflix è arrivato nell'ottobre del 2015 (sì, sono già passati 7 anni). Nel meme poi si citano dei servizi che da noi non sono effettivamente disponibili, come HBO Max (che da noi potrebbe chiamarsi Warner Bros. Discovery), Star+ che è incluso in Disney+, HULU, e altri che magari sono inclusi solo come canali a pagamento all'interno di altri servizi (già di per sé a pagamento). Ma queste sono pignolerie: il concetto di fondo è corretto. Se una volta era sufficiente essere abbonati ad uno/due servizi, magari condividendo la password dell'account con amici e parenti, adesso si è scatenata una vera e propria corsa alla frammentazione (e al rincaro).

Parliamo un attimo della frammentazione per poi passare agli aumenti che stanno colpendo un po' tutti i servizi di streaming. A settembre debutta in Italia Paramount+, il servizio di casa Paramount che includerà qualcosa come 8.000 ore di contenuti, tra cui anche la serie TV di Halo, tutte le saghe di Star Trek, nuove uscite previste come Top Gun: Maverick e tanto altro. Il prezzo mensile sarà pari a 7,99€ al mese (o alternativamente 79,99€ l'anno). Neanche troppo caro quindi, se non fosse che si affianca ai tanti altri servizi già disponibili in Italia.

Abbiamo Netflix dal 2015; c'è Prime Video, il più economico e il più vicino a Netflix per numero di iscritti; Disney+, l'astro nascente dei servizi che tra poco potrebbe addirittura superare Netflix per numero di iscritti; e ancora Apple TV+, NOW, TIMVision, Infinity, Rakuten TV (ha una sezione streaming ad accesso gratuito), i canali a pagamento integrati nello stesso Rakuten TV e in Prime Video, i servizi dedicati agli anime, quelli dedicati allo sport (non entriamo nel merito di DAZN che la polemica oramai è all'ordine del giorno) e così via.

Sta di fatto che motori di ricerca come quello di cui disponiamo sul nostro sito sono sempre più utili.

Un esempio pratico? Mettiamo che un utente qualsiasi voglia vedere le serie del momento. Per avere accesso a House of the Dragon dovrebbe abbonarsi a NOW di Sky; per The Sandman a Netflix; per la serie del Signore degli Anelli a Prime Video; per non perdersi SheHulk a Disney+. E di questi, l'unico servizio che continua a proporre tutti gli episodi in contemporanea è Netflix. Gli altri li propongono a cadenza settimanale, obbligando l'utenza a rimanere abbonati per più di un mese, o alternativamente ad aspettare che tutta la serie sia pubblicata per abbonarsi e godersela tutta d'un fiato (aumentando considerevolmente il rischio di spoiler non richiesti).

Ad aggravare ulteriormente la situazione ci sono gli aumenti di prezzi che stanno colpendo un po' tutti i principali servizi di streaming (tranne, miracolosamente, Apple).

Netflix è in perenne stato di confusione: nel 2023 dovrebbe arrivare l'abbonamento con pubblicità a prezzi inferiori, ma con un catalogo limitato (e non si capisce perché). A gennaio sono aumentati i prezzi degli abbonamenti negli Stati Uniti, a marzo nel Regno Unito e in Irlanda, e nel 2023 (come da calendario) potrebbe toccare nuovamente anche a noi. Nel frattempo la società sta sperimentando attivamente contromisure per scoraggiare gli utenti a condividere l'account, una pratica che non sarebbe consentita dalle condizioni di utilizzo del servizio ma che in passato era la stessa Netflix a "suggerire" agli utenti. E non è da escludersi che in futuro sparisca anche la pratica del così detto binge watching, visto che da un punto di vista economico (e di ridondanza mediatica) non conviene più a nessuno.

Disney Plus nel frattempo non sta a guardare. Da fine 2022 scattano i rincari negli Stati Uniti, e non vi "preoccupate" che i rincari colpiranno anche l'Italia nel 2023.

Anche Disney lancerà poi un abbonamento dotato di pubblicità (4 minuti ogni ora di contenuti), e qui viene il bello: il prezzo dell'abbonamento con pubblicità sarà identico al prezzo attuale dell'abbonamento "classico". Bello, vero?

E poi c'è Prime Video: da settembre aumenta pure lui! O meglio, aumenta il prezzo di Amazon Prime, che passa da 36€ a 49,99€ l'anno. C'è anche da dire che Prime Video è solo un "effetto collaterale molto gradito" dell'abbonamento a Prime. Per ciò che offre l'abbonamento al servizio di Amazon, riusciamo anche di più a giustificarne un aumento. Se poi tiriamo in ballo i prezzi di Prime in altri paesi del mondo, pagare "solo" 50€ l'anno sembra quasi un privilegio. Quasi. Il vero problema è che il rincaro in questione si somma a tutti gli altri in arrivo. Una volta si criticava il prezzo di Sky, e abbonarsi ai servizi di streaming sembrava l'unica vera alternativa per godersi film e serie TV.

Adesso sommando i prezzi dei servizi più celebri si va a pagare cifre molto simili a quelle di un tempo.

In Italia c'è un bel testa a testa fra Netflix e Prime Video, e Disney+ non sta certo a guardare. Cosa succederà però con i rincari futuri e gli strumenti per ostacolare la condivisione degli account?

L'unica replica logica a quanto detto finora è che nessuno ci obbliga ad essere abbonati a tutti i servizi contemporaneamente. Di fatto ogni mese (o anche in periodi più o meno lunghi) si può decidere di abbonarsi solo a uno o due servizi per poi disdirli ed abbonarsi agli altri. Tutto vero, ma si perde parte della comodità insita nei servizi di streaming. Si deve fare più attenzione a cosa viene pubblicato nei cataloghi, quando abbonarsi, quando disdire, quale servizio usare, fare a meno dell'eventuale condivisione degli account, fare (come già detto) attenzione agli spoiler online. Fattibile senza dubbio, ma se c'è una cosa che manca a una certa età è il tempo (e la voglia) di stare dietro a cose come queste.

Se quindi in questi anni lo streaming ha portato alla riduzione della pirateria, l'evoluzione del mercato potrebbe avere come unica conseguenza proprio il suo ritorno.

Non fraintendetemi: questo articolo non vuole essere un tentativo di difendere la pirateria. Si potrebbero dedicare tanti altri pezzi all'argomento, spiegando a più riprese perché piratare un contenuto è sbagliato sotto i punti di vista più disparati. C'è chi però non si fa molti scrupoli. Se l'arrivo dei servizi di streaming ha reso queste persone meno inclini all'utilizzo di Torrent, eMule e simili, la frammentazione e gli aumenti di prezzi potrebbero avere appunto l'effetto contrario, portando quindi a sentirsi giustificati nello scaricare illegalmente film e serie TV. Per non parlare del fatto che piratare e gestire i contenuti così ottenuti ora come ora è quasi più facile che in passato.

Non c'è una soluzione semplice al problema. E non si può nemmeno pretendere, visto il successo di Netflix e vista la diffusione di dispositivi su cui usufruire di contenuti multimediali, che le altre società del mondo televisivo e cinematografico stiano a guardare senza proporre le loro alternative.

Per non parlare del fatto che la pandemia ha contribuito ad accelerare notevolmente il corso attuale degli eventi. Così però si rischia la saturazione, sia di servizi che di contenuti, con l'ulteriore rischio che i contenuti stessi siano di qualità sempre peggiore (vedi la polemica sugli effetti speciali delle serie Marvel e Star Wars). L'unica soluzione che alcuni sembrerebbero aver trovato è appunto la già citata possibilità di abbonamenti speciali a prezzi ridotti perché dotati di annunci pubblicitari. Se però i prezzi rimangono gli stessi (vedi Disney+) e i cataloghi a cui accedere sono ridotti (vedi Netflix), finisce che "è quasi peggiore la toppa del buco".

Un'altra possibilità per semplificarci la vita potrebbe consistere negli abbonamenti cumulativi, che è un po' quello che fa TIM con pacchetti ad-hoc come TIMVISION Gold. A proporli però potrebbero essere solo operatori telefonici o altre realtà simili, visto che difficilmente Netflix e Amazon, giusto per fare un esempio, unirebbero le forze proponendo pacchetti cumulativi.

E TIMVISION GOLD non è propriamente regalato: si parla di 40,99 al mese per 6 mesi (poi sale a 45,99€). Si potrebbe in tal senso fare di meglio, ma siamo sicuri che le società siano disposte a "svendersi" quando potrebbero far pagare il biglietto intero per accedere in esclusiva al loro servizio?

In tutto ciò mi trovo a spezzare una lancia a favore di Apple (per quanto non mi possa propriamente definire un aficionados della mela). Apple TV+ costa poco e ha pochi contenuti, ma sono tutti di alta (se non altissima) qualità. Se avete un dispositivo compatibile, perché, come da tradizione Apple, non è certo facile accederci (a meno di non essere utenti Apple), dategli assolutamente una chance. Qualche consiglio mirato? For All Mankind, Ted Lasso, The Morning Show. Anche solo con queste tre serie non vi pentirete di averlo provato. Che sia questa la soluzione? Proporre meno contenuti ma di alta qualità a prezzi umani?

A voi la palla infine.

Cosa ne pensate della situazione attuale? A quanti servizi di streaming siete abbonati? E soprattutto, come affronterete l'ondata di aumenti e la futura invasione di abbonamenti dotati di pubblicità?

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