Il metodo Kominsky: Netflix ha azzeccato, per una volta (recensione)

Il metodo Kominsky: Netflix ha azzeccato, per una volta (recensione)
Giorgio Palmieri
Giorgio Palmieri

Sono una persona tendenzialmente pigra. Ora che Google lo sa, AdSense sarà felice di propormi invitanti offerte di bibite e integratori energizzanti nei banner pubblicitari. Mentre l’algoritmo fagocita queste golose informazioni, credendo siano vere, anche Netflix casca nello stesso tranello, ma a pagarne le conseguenze, questa volta, sono davvero io.

Sì, vi sembrerà strano, eppure Netflix sa che sono pigro. Ho iniziato non so quante serie e non le ho mai portate a termine, e l’algoritmo, non contento, come se si vendicasse, nella lista dei consigliati continua a suggerirmene altre, che puntualmente abbandono per due semplici motivi: o sono brutte, o non rispecchiano i miei gusti. In più, il mio cervello, mentre guardo la prima puntata, inizia a farsi già i calcoli di quanto tempo avrei bisogno per terminare anche solo una stagione, che potrei utilizzare in un modo più fruttuoso. Tipo, non so, guardando Sanremo?

Fidatevi delle mie parole, ma la sezione “scelti per me” fa ridere: Natale a 5 stelle e Il Natale con Angela (un mediometraggio per bambini) perché evidentemente ho visto Qualcuno Salvi il Natale (però a Natale, cacchio! Non propormelo a febbraio!), Kiss Me First perché mi piacciono i videogiochi (ma è una serie terribile), Baby perché apprezzo le produzioni italiane (ma è una serie terribile), Siffredi Late Night perché…perché.

.. ecco, perché?

E poi, solo poi, c’è il metodo Kominsky. Forse perché ho paura della vecchiaia? (oh no, questo non dovevo dirlo... questo proprio non dovevo dirlo, AdSense).

Ebbene, Il metodo Kominsky è una commedia agrodolce scritta da Chuck Lorre, divisa in otto puntate della durata di circa mezz’ora l’una. Il cast ospita due giganti dell’industria cinematografica, Michael Douglas e Alan Arkin, che, insieme, formano una delle migliori coppie che io abbia avuto il piacere di vedere in azione. Nessuna parola, nessuna frase potrebbe esprimere la mia gioia nel vederli insieme, davvero.

Mr. Douglas interpreta Sandy Kominsky, un attore divenuto insegnante di un suo personalissimo corso di recitazione. D’altra parte, Mr. Arkin veste i panni di Norman Newlander, agente di Sandy nonché suo migliore amico. Un’amicizia a tratti bizzarra, ma dipinta in maniera terribilmente genuina: sa strapparti una risata, sa commuovere, sa essere vera. Almeno in un paio di occasioni, lo ammetto, mi sono spanciato dal ridere: e più di un paio di occasioni, ho riflettuto sull'invecchiamento, su quanto sia un argomento che teniamo distante, troppo distante, fino a poi ritrovarcelo addosso come se nulla fosse.

Al di là dei problemi di salute (c’è un Danny de Vito urologo, non dico nient’altro), vi sono riflessioni sul dolore, sulla perdita, sulla morte, sul reagire alla morte, sull'elaborazione del lutto.

Eppure si ride, ci si diverte, ve lo garantisco. Quando Michael Douglas e Alan Arkin sono sullo schermo, sul serio, lo spaccano, praticamente non li ferma nessuno. Mr. Arkin è straordinario, sia per le sue gargantuesche doti attoriali, sia per una caratterizzazione del personaggio eccezionale. E Mr. Douglas, pur essendo il fulcro centrale delle vicende, gli fa praticamente da spalla. Peccato che le parti in classe, con gli studenti, non siano all'altezza del resto dello show, a causa di personaggi non approfonditi. Nemmeno i comprimari spiccano in quanto a profondità, e vengono utilizzati solo, o quasi, per esigenze narrative in funzione dei protagonisti, ma chissà, forse una seconda stagione potrà dirci qualcosa in più sulla figlia di Norman ad esempio, interpretata da una bellissima Lisa Edelstein.

Insomma, il metodo Kominsky è una serie che dovete vedere. Non ci sono colpi di scena, anzi, la sua linearità è quasi rassicurante in un certo modo, ma dovete vederla. Offre squarci di quotidianità e di vita, e al termine della visione vi lascerà qualcosa, ne siamo certi. E se state per avvicinarvi alla vecchiaia, o se avete vicina una persona anziana, be', quel qualcosa sarà ancora più grande, ancora più forte, ancora più... intenso.

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