Carne stampata in 3D, come si ottiene e quali potrebbero essere i vantaggi

La startup italiana Novameat ha lavorato alla carne vegetale stampata in 3D, un prodotto che arriverà presto nei banchi frigo dei supermercati.
SmartWorld team
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Carne stampata in 3D, come si ottiene e quali potrebbero essere i vantaggi

Il mercato della carne vegetale

L'offerta di carne vegetale nei supermercati si è moltiplicata. La scelta per chi ha adottato una dieta vegetariana o vegana è ampia: hamburger, crocchette e straccetti di "pollo", salsicce, affettati veg, derivanti da soia, alghe, tofu o legumi. L'attenzione verso la salvaguardia degli animali prima e l'ambiente poi hanno aumentato di molto la produzione di queste alternative alimentari. Nuovi brand compaiono via via nel mercato a sfidarsi in un settore che sta registrando una crescita sorprendente. Nel 2019, il mercato della carne vegetale valeva oltre 14 miliardi di dollari su scala mondiale. Entro il 2029 si prospetta che il suo valore possa superare i 140 miliardi di dollari.

La startup Novameat

Le varie Beyond Meam, Impossible Foods, Heura si concentrano sulla lavorazione della soia per produrre i loro prodotti con macchinari tradizionali. C'è una nuova concorrente che potrebbe ora rivoluzionare il mercato con una nuova tecnica. Si tratta di Novameat, startup italiana con sede a Barcellona. Il fondatore, Giuseppe Scionti, sta lavorando alla sua carne vegetale stampata in 3D. Con i suoi dieci anni di esperienza nel l'ambito dell'ingegneria dei tessuti, Scionti ha lavorato alla progettazione e alla generazione di diverse tipologie di tessuti bioingegnerizzati in 3D, tra cui muscolo, cornea, cartilagine, membrana timpanica, osso, mucosa orale, pelle, impianti di vasi sanguigni e nervo periferico.

Con Novameat si è prefisso l'obiettivo di riprodurre la struttura fibrosa della carne animale e lanciare sul mercato una riproduzione vegetale della classica bistecca.

La tecnica impiegata per la produzione

L'attenzione rivolta alla consistenza permetterebbe di poter ottenere un'alternativa vegetale anche ai tagli più pregiati, riproducendone (o addirittura superandone) la qualità. Il team della startup ha lavorato sulla microestruzione, una tecnica che consente di riprodurre la masticabilità, la componente fibrosa e, dunque, anche fattori come la resistenza al taglio della carne animale. "Durante il mio dottorato all'Università di Granada, dopo la laurea a Milano e una specializzazione in Svezia, ho studiato a fondo i processi di stampa 3D dei tessuti molli. Mi sono reso conto che la tecnica si poteva semplificare per creare un muscolo per il consumo alimentare, che non ha la necessità di essere impiantato e di attivarsi" ha dichiarato il fondatore di Novameat.

Il sapore e gli ingredienti della carne vegetale stampata in 3D

Oltre alla consistenza, la startup si è anche concentrata sul sapore della bistecca.

Per la realizzazione del prodotto si parte dagli estratti di alcuni tipi di alghe, proteine dei fagioli gialli e dei piselli, riso, aqua, olio di girasole, aromi ed estratto di barbabietola. "La nostra carne alternativa è un ibrido fra le carni vegetali e quelle realizzate da coltivazione cellulare. Usiamo una tecnica che unisce componenti vegetali, per creare l'impalcatura proteica, e cellule adipose animali moltiplicate in laboratorio a partire da una biopsia non invasiva sull'animale di partenza" ha dichiarato il fondatore. Le alternative a base vegetale non contengono colesterolo o gli ormoni e gli antibiotici che spesso si trovano nella carne vera. In futuro potrebbero essere aggiunti anche degli ingredienti benefici come ad esempio gli acidi grassi omega 3.

Dai ristoranti alla produzione su larga scala

La bistecca di Novameat inizierà dai ristoranti gourmet, per poi passare in un futuro prossimo alla grande distribuzione. Nel corso degli ultimi tre anni il team ha lavorato al perfezionamento della tecnica. "Grazie a un complesso processo di biostampa abbiamo creato il primo prototipo.

Ora stiamo affinando la produzione di massa, su scala industriale possiamo produrne una tonnellata all'ora. Grazie a nuovi investimenti siamo pronti ad allargarci con una fabbrica pilota a Barcellona" ha affermato il CEO.

Ridurre i consumi e abbattere i costi in futuro

La produzione di un hamburger di origine animale richiede l'utilizzo di quindicimila litri d'acqua d'acqua circa. "Noi ne impieghiamo il 90-95 per cento in meno, a parità nutrizionale" ha spiegato Scionti. L'unica problematica potrebbe essere il costo del prodotto. La produzione su larga scala potrebbe abbattere i prezzi e, di conseguenza, rendere la carne vegetale stampata in 3D accessibile a tutti i consumatori. Per la grande distribuzione l'azienda potrebbe produrre direttamente o vendendo la tecnologia ad altre aziende. Sempre in ottica futura, il CEO non esclude la commercializzazione delle stampanti. Non ha infatti escluso la vendita per uso domestico, nonostante non sia nei piani della startup per il momento.