L'attacco della Russia all'Ucraina ha seriamente aggravato la crisi dei chip
Il conflitto in Ucraina rischia di aggravare la crisi dei chip. Difatti, i due principali fornitori ucraini di neon – insieme al palladio elemento fondamentale per la realizzazione di semiconduttori – hanno interrotto la propria attività a causa degli attacchi russi. Si tratta di Ingas e Cryoin. Uno stop pesante considerato che, secondo Reuters, le due società producevano dal 45% al 54% circa del neon mondiale per i semiconduttori.
Nel dettaglio, prima dell'invasione russa, Ingas, con sede a Mariupol, produceva dai 15.000 ai 20.000 metri cubi di neon al mese per i clienti di Taiwan, Corea, Cina, Stati Uniti e Germania, di cui circa il 75% destinato all'industria dei chip, così come affermato a Reuters da Nikolay Avdzhy, chief commercial officer dell'azienda.
Croyn, invece, che produceva da 10.000 a 15.000 metri cubi di neon al mese e che si trova a Odessa, ha interrotto le operazioni il 24 febbraio quando l'invasione si è intensificata. Secondo il direttore dello sviluppo aziendale, Larissa Bondarenko, la società a marzo non sarà in grado di evadere ordini per 13.000 metri cubi di neon a meno che gli attacchi non cesseranno.
Ha aggiunto, tra l'altro, che se le apparecchiature venissero danneggiate sarà ancora più complicato riavviare le operazioni, senza trascurare le difficoltà nel reperire le materie prime indispensabili per purificare il neon.
In ogni caso, il Ministero dell'Economia di Taiwan, sede del più grande produttore di chip, ovvero TSMC, sempre a Reuters ha dichiarato che a breve termine non dovrebbero esserci problemi. Tuttavia, i produttori più piccoli di chip potrebbero essere quelli a subire il colpo più duro, come evidenziato dal presidente di Techcet, Lita Shon-Roy: "I più grandi produttori di chip, come Intel, Samsung e TSMC, hanno un maggiore potere d'acquisto e hanno accesso a scorte che potrebbero coprirli per periodi di tempo più lunghi, due mesi o più. Tuttavia, molti altri produttori di chip non hanno questo tipo di possibilità".
Infine, oltre a tenere d'occhio gli eventuali aumenti di prezzo del neon (già saliti del 500% da dicembre), secondo Angelo Zino di CFRA le aziende potrebbero non essere disposte ad investire altrove se la crisi fosse considerata provvisoria.