L'allergia al Wi-Fi viene "riconosciuta" da un tribunale francese

Cosimo Alfredo Pina
Cosimo Alfredo Pina
L'allergia al Wi-Fi viene "riconosciuta" da un tribunale francese

Pratica, economica ed accessibile; i vantaggi di una rete wireless sono molteplici e non a caso le reti cablate trovano sempre meno spazio sopratutto nell'ambiente domestico.

Tuttavia fin dalla sua introduzione il protocollo Wi-Fi ha suscitato non pochi dubbi. Soprattutto negli ultimi tempi alcune persone accusano sintomi, anche gravi, come cefalea, nausea, asma e rash cutaneo, in presenza di reti wireless o altri dispositivi capaci di generare onde elettromagnetiche.

Un'allergia a tutti gli effetti? La comunità scientifica non ha ancora trovato un nesso tra sintomi e onde elettromagnetiche, infatti l'OMS spiega:

"L'ipersensibilità ai campi elettromagnetici è caratterizzata da una gamma di sintomi non specifici, che gli individui colpiti attribuiscono all'esposizione ai campi"

Dando un connotato fortemente soggettivo alla "malattia". Nonostante lo scetticismo degli esperti, le associazioni di coloro che si dicono affetti dal quadro clinico sono sempre più numerose.

Questi gruppi di persone si battono per i diritti di chi si dichiara allergico alle onde elettromagnetiche, come la francese Marine Richard, costretta a vivere in isolamento sui Pirenei a causa della sua condizione.

Proprio riguardo alla condizione di Richard arriva la sentenza del tribunale di Tolosa, che le ha riconosciuto un'indennità di 800 euro al mese per quella che è stata riconosciuta (legalmente) a tutti gli effetti come una disabilità.

Il tribunale non ha riconosciuto una vera e propria allergia alle onde elettromagnetiche, ma come i sintomi accusati dalla donna siano per lei effettivamente invalidanti.

Al momento il tutto è piuttosto complicato e mentre gli studi scientifici non hanno evidenziato un effettivo collegamento tra diffusione di dispositivi wireless e un aumento di allergie e quadri sintomatologici affini, le persone che vi si riconoscono sembrano essere sempre di più ed è molto probabile che gli enti di sanità dovranno presto fronteggiare questa realtà emergente.

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